Bikefit: il caso di un ciclista 60enne e tre riflessioni per migliorare davvero la posizione in sella
Il bikefit non è solo una questione di performance, ma anche di salute e benessere del ciclista. In questo articolo, partendo da un caso reale nel mio studio Bici Lab, voglio condividere 3 riflessioni importanti su come affrontare il posizionamento in sella in modo professionale e consapevole.
Il caso: un ciclista 60enne e una bici sbagliata
Un cliente si è presentato nel mio studio: un ciclista amatore di 60 anni con una serie di criticità fisiche comuni:
- Pancia prominente, che condiziona l’assetto in bici, soprattutto delle ginocchia
- Retrazione degli ischio-crurali, tipica di chi ha scarsa elasticità muscolare e peso che cade in avanti
- Rettilinizzazione del rachide cervicale, che provoca dolori e rigidità alla schiena e al collo
A queste problematiche si aggiungeva un altro fattore determinante: la bici aveva geometrie race estremamente aggressive, con un manubrio che quindi cadeva troppo in basso e di conseguenza scomodo.
Questa combinazione rendeva impossibile ottenere una posizione confortevole ed efficiente. Durante l’analisi, mi sono trovato a fare 3 riflessioni che ritengo fondamentali e che ti invito a fare.
1. Le professioni non riconosciute e il valore della formazione
Iniziamo con un tema importante: la formazione professionale. Sto terminando in questi giorni un master in posturologia, che nel giro di 6 mesi mi ha portato ad approfondire maggiormente tutti i fattori che influenzano la postura nella vita di tutti i giorni. Questo mi permette di analizzare la postura del ciclista in modo più approfondito e soprattutto aiutare il ciclista a risolvere tutti i problemi che ha nella vita di tutti i giorni e di conseguenza mentre è in sella.
Ma qui sorge un problema: la posturologia, come la biomeccanica, l’osteopatia e tutte le professioni olistiche non sono ancora riconosciute ufficialmente. Viceversa ci sono percorsi formativi che vengono troppo spesso indicati come “condicio sine qua non” per effettuare questo lavoro, ma di fatto non affrontano in maniera specifica il gesto del ciclismo, la postura o come fare un analisi del movimento in maniera tecnologica, scientifica e professionale. È una questione su cui tornerò in un prossimo video, ma voglio già sottolineare quanto sia fondamentale affidarsi a chi ha una formazione continua e soprattutto specifica.
Fare un bikefit non significa improvvisare, ma applicare competenze biomeccaniche, posturali e tecnologiche per il bene del ciclista.
2. Il ciclosimulatore: un alleato imprescindibile per un bikefit oggettivo
La seconda riflessione riguarda i miei colleghi che criticano e deridono l’uso del ciclosimulatore ma preferiscono lavorare direttamente sulla bici del cliente. Ma come si può oggettivare un problema senza uno strumento di misurazione adeguato?
Nel caso di questo cliente il ciclosimulatore mi ha permesso di analizzare ed oggettivare la sua posizione inadeguata ma anche di trovare l’assetto ideale, costruito sulle sue misure e sulle sue capacità senza il vincolo di una bici sbagliata. Inoltre, il ciclosimulatore mi ha permesso di trovare anche una posizione intermedia il più sostenibile sulla sua bici personale.
Il ciclosimulatore è una tecnologia che permette di isolare il problema, misurarlo e risolverlo in modo oggettivo. Lavorare direttamente sulla bici può sembrare più “diretto”, ma spesso significa adattare il ciclista a una bici sbagliata, senza risolvere il problema alla radice.
3. La bici è a valle del processo, la postura va guarita a monte
La terza riflessione è forse la più importante e riguarda un approccio completamente diverso alla risoluzione dei problemi. Alcuni colleghi, di fronte a un cliente con una bici scomoda, preferiscono “togliere il male” con soluzioni temporanee: ad esempio in questo caso, abbassare la sella per ridurre il gap con il manubrio.
Ma abbassare la sella non è una soluzione:
- Si compromette la pedalata del ciclista creando un sovrautilizzo di glutei e quadricipite (con conseguenti tensioni future a zona lombare e ginocchia)
- Si va a mascherare il problema senza risolverlo davvero
La mia filosofia è diversa:
- La postura del ciclista deve essere analizzata e migliorata a monte
- Se la bici è sbagliata, è meglio cambiare bici o quanto meno dei componenti piuttosto che “adattarsi male”
In questo caso, lavorando sulla postura del cliente e testando assetti corretti con il ciclosimulatore, abbiamo individuato la bici ideale per lui e ottimizzato la sua posizione in sella.
La bici viene dopo, la salute e la postura vengono prima. Questo è il principio fondamentale per un bikefit efficace, duraturo e che sia veramente un investimento sulla salute.
Conclusione: il bikefit è capacità di analisi, con strumenti ripetibili.
Il caso del ciclista 60enne dimostra quanto sia importante affrontare il bikefit in modo scientifico e professionale. Non basta un semplice “adattamento” della bici: serve un’analisi accurata della postura e delle esigenze del ciclista.
Ricapitolando le 3 riflessioni:
- La formazione professionale è essenziale per un servizio di qualità
- Il ciclosimulatore è uno strumento indispensabile per individuare problemi e soluzioni
- La bici è a valle del processo: bisogna curare la postura del ciclista prima di tutto
Se vuoi scoprire come un bikefit professionale può migliorare la tua pedalata, eliminare dolori e ottimizzare la tua performance, visita la pagina dedicata: analisi biomeccanica ciclismo.
Domanda per te:
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